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Via Cagnati

Dalle famiglie senz'auto degli anni '50, alle famiglie iper-plurimotorizzate dei nostri giorni.

 

Prima parte

Mi ricordo che da piccolo, a 5 anni, giocavo con altri bambini nella via sotto casa, a Centocelle, nella periferia est di Roma. Era una stradina chiusa e non vi transitavano auto, né ve ne erano, nessuno la possedeva.

Un giorno un falegname con il laboratorio sulla stessa via ebbe l'idea di utilizzare gli scarti del legno per fare un regalo ai bambini della via. Sagomò, con vera maestria, dei fucili, tutti ne avemmo uno e finalmente nella nostra via potevamo giocare alla guerra.

Lo so, la guerra è un gioco discutibile ma noi eravamo felici con poco, con un pezzo di legno. Quei fucili comunque non avrebbero mai ucciso nessuno, né provocato ferite nel corpo o nell'anima, al contrario delle auto che da lì a pochi anni avrebbero invaso la città impedendo ai bambini di giocare sulle strade in libertà e sicurezza. Anche quella via negli anni a seguire si riempì presto di auto parcheggiate riducendo gli spazi liberi e la libertà di stare per strada, la via si consegnava al nuovo padrone di tutte le strade. Oggi Google Maps ci permette facilmente di vederlo: via Marsilio Cagnati.

Seconda parte

Ancora in quegli anni fino al 57, prima che nei mari si formassero le isole di plastica e prima che le microparticelle plastiche entrassero nella nostra catena alimentare, andavo a prendere il latte con una sacca di tela. Il latte era venduto in bottiglie di vetro che venivano poi riconsegnate come vuoto a rendere. Ricordo che un giorno, tornando a casa, nel salire su un marciapiede ruppi una bottiglia piena di latte. Tornai piangendo dal lattaio, non volevo tornare a casa senza il latte e il lattaio, al quale sarà destinato il paradiso, mi consegnò una nuova bottiglia piena.

In quel periodo mia madre ci portava (me e mio fratello più piccolo) a passeggiare nel circondario di casa, ricordo i colori e i profumi intensi delle mimose a primavera.

Ricordo i colori luminosi delle campanule viola e delle margherite che crescevano spontanee nelle siepi e nei prati della vecchia Torraccia dove mi accompagnava mio padre. Ricordo quei fiori dolci che a noi bambini piaceva crudelmente strappare per succhiarne il nettare. Doveva essere nel 1957 perché mio padre, nato nel 17, alla mia domanda quanti anni avesse mi rispose un giorno su quei prati della Torraccia mostrandomi quattro volte le due mani aperte. Lì ebbi il mio primo serio incidente con la bici. Avevo circa 5 anni e in una discesina, credo asfaltata ma piuttosto ripida, persi il controllo finendo con un volo sull'asfalto. Mi rialzai piangendo e mio padre mi raccontò più volte in seguito, che piangevo per essermi sporcato e rovinato i vestiti mentre mi ero rotto e deviato il setto nasale con varie escoriazioni su tutto il viso. Tralascio altre cose di quel periodo delle quali sebbene bambino non ne vado assolutamente fiero ma purtroppo testimonianti ombre e luci della mia natura umana.

Terza parte

Sempre in quegli anni, andavamo a trovare i miei zii nelle collinose campagne della Ciociaria. Abitavano in una frazione di Boville Ernica sopra un colle. Alla fermata della corriera Zeppieri ci veniva a prendere mio zio con un asinello che ci aiutava a trasportare i nostri bagagli su per il sentiero fino alla casa sul colle.

Lì non c'era elettricità, né acqua corrente, tantomeno il gas. Si usavano le candele, il bagno come tipica usanza era esterno, per lavarsi in casa c'erano lavabi in ferro battuto con brocca e bacinelle. La notte era buia e il silenzio totale, ricordo che mi svegliavo con i canti dei galli, ma l'aria era pura.

Oggi a Roma mi sveglio con il cupo rumore dei compressori di metano e gpl dell'attiguo distributore di carburanti, l'aria ve la lascio immaginare.

 

Una precisazione: non sono un ultracentenario e non vi sto raccontando vicende di un secolo fa, ma la situazione nelle zone rurali della Ciociaria era effettivamente così negli anni 50 prima del boom economico che avrebbe poi modificato tutto, paesaggio compreso. Appartengo a quella generazione che forse più di altre ha potuto assistere nel volgere di pochi decenni ai più grandi mutamenti tecnologici, ambientali e sociali: da situazioni non molto dissimili al medioevo fino ad arrivare alle luci e alle ombre dei nostri giorni caratterizzati da stili di vita decisamente insostenibili, e tra questi la travolgente avanzata della motorizzazione privata i cui effetti sull'ambiente, sulla sicurezza e vivibilità delle nostre città, nonché di paesi, borghi e zone rurali, li conosciamo bene.

Il mito dell'auto e il suo imperialismo hanno impedito, come nelle tesi di H. Jaffe, il pieno sviluppo di qualunque alternativa possibile, e più sostenibile, in ambito ferroviario, del trasporto pubblico e della ciclabilità.

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Commenti: 1
  • #1

    Klaus (giovedì, 05 settembre 2019 18:25)

    ciao roberto,
    ho letto con passione. è un bellissimo racconto, poichè anche io, sebbene un po' più giovane di te, ho vissuto in parte, nelle vacanze dell'infanzia, quelle stesse situazioni, dove è nata mia madre, prealpi venete, e ho sempre ascoltato e fatto tesoro di tutti i racconti che mi han tramandato un po' tutti, mia nonna materna per prima, classe 1912.
    le strade bianche, o "ingiarà", con la ghiaia, i lavori che si facevano in bosco, le gare di abbattimento di conifere col "segon", una sega maneggiata da due uomini, e poi l'economia del legname, fatta di rimboscamento; c'erano i "segantini", coloro che "segavano" il fieno, dalle 5 del mattino fino a mezzodì con da bere un bottiglione della famosa "pimpinella" che altro non era che acqua e un goccio di aceto, per placare la sete; l'amore per gli animali, i cavalli ma anche gli asini, bestie intelligentissime.
    di mio ricordo il povero zio bruno, andatosene troppo presto, autentico gigante di forza contadina, l'avvento delle prime falciatrici, erano le prime macchine, anche se non potevano inerpicarsi sulle aree scoscese come un segantino.
    poi venne il trattore, un 4x4 a cui si poteva collegare tutti gli attrezzi che servivano, come il rotante, un aggeggio con due dischi su cui erano montati delle lame che roteavano a velocità vorticose, e segavi un "campo" circa 4000mq in mezzora.
    adesso i nipoti di mio zio bruno fanno il fieno di 50 campi in 2 giorni se fa bello, hanno 4 trattori e millemila utensili che ci attaccano dietro.
    una famosissima azienda di trattori verde, americana, sta facendo modelli con una app dedicata, l'app gestisce parte dei comandi del trattore, ovviamente con l'aria condizionata e cabina insonorizzata e musichetta presa da spotify.

    le macchine son servite ad alleviare le fatiche dell'Uomo, ma poi l'Uomo ne è rimasto schiavo.

    ora, se ripeto ste cose ai miei nipoti, mi liquidano con un freddo "zio, i tempi son cambiati". intanto, da adolescenti nn sanno tirarsi su la catena della bici se scende.

    su sta cosa ci sarebbe da riflettere parecchio.

    E' un mondo difficile
    una vita intensa
    felicitò a momenti
    e futuro incerto

    (tonino carotone)
    https://www.youtube.com/watch?v=CAW5TbSRv3M