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MY MOBILITY HISTORY

Ero uno dei tanti automobilisti italiani appassionato di auto, a volte ne compravo il vangelo: Quattroruote. Da ragazzo nei miei desideri luccicava una fiammeggiante Mini Cooper! Il treno però non mi è mai restato del tutto estraneo, anzi ne ero affascinato, forse a motivo del fatto che fino ai primi anni 60 si andava tutti gli anni d'Agosto, con i miei genitori e mio fratello, in vacanza a Rucorvo o Macchietto di Cadore con il treno notturno Roma-Calalzo, ora soppresso da diversi anni. Mi ricordo ancora mia zia che ci veniva a prendere in bicicletta alla stazione di Perarolo. Se mi si chiedeva all'epoca, quando frequentavo le elementari, cosa avrei fatto da grande rispondevo senza esitazioni: il macchinista! Questa la risposta che davo anche nei temi in classe. La mia mamma sebbene nata a Waldstein in Austria era originaria del Cadore e lì avevamo i nostri parenti, i miei zii e cugini.

Non ho dimenticato la locomotiva a vapore che ci costringeva a chiudere i finestrini quando riempiva le gallerie di nera fuliggine e sbuffando tirava su a fatica il treno fino a Calalzo sulla ferrovia parallela al Piave e all'Alemagna.

Non posso neanche dimenticare mio zio che risiedeva a Rucorvo e lavorava in una fabbrica di Ospitale a 5 km di distanza e percorreva quel tratto sempre con la sua bicicletta d'estate e d'inverno, era anche un abile pescatore del Piave sottostante.

Amavo l'ambiente alpino, un po' meno le scolopendre e gli olipionidi che lì non mancavano, amavo le montagne, i sentieri, i boschi, e il treno faceva parte del paesaggio. I boschi di conifere della Val Montina presso Macchietto illuminati dal sole morente del pomeriggio restano nitidi nella mia memoria. Giochi di luci e ombre, colori e profumi che non ho più ritrovato. Poi in quell'ambiente fatato dove tutto era a misura di piedi ho cominciato ad avvertire i primi scricchiolii di cedimento, qualcosa stava cambiando.

Negli anni 60 iniziammo ad andare su in Cadore con l'auto, un maggiolino blu. Erano gli anni del boom economico e sulle pagine di Topolino si leggeva una storia con Paperino e zio Paperone che percorrevano l'autostrada del Sole mentre noi ragazzi raccoglievamo su un album-tessera le figurine delle varie città che i distributori di carburanti di non ricordo quale compagnia ci consegnavano quando i nostri genitori facevano rifornimento di benzina. Con l'avvento dell'auto di massa il traffico sull'Alemagna aumentava sempre di più e ben presto i lavori dell'Autostrada A27 e della superstrada variante dell'Alemagna SS51 tra Macchietto e Tai di Cadore cominciavano a cambiare il volto di quel paesaggio a me caro.

I sentieri della Val Montina così discreti e a misura di piedi tra le coste boscose, vennero distrutti con sbancamenti. Ora una squallida anonima carrozzabile sterrata si arrampicava fin su al rifugio della Val Montina sulla sponda opposta del Piave presso il Sass del Mezzodì.

Negli anni 70 i lavori stradali della variante Alemagna tra Macchietto e Tai di Cadore andavano avanti creando nuovi posti di lavoro, ma nella mia memoria resta vivida l'immagine di un fiero valligiano che in piedi presso la sua casa destinata ad essere demolita per far posto alla costruenda strada, gridava rivolto agli operai e maestranze: "Questo è un delitto di lesa montagna!"

Si perse la magia di Caralte, un gioiello di paesino isolato tra le montagne, raggiungibile solo con una stradina in salita dallo scarso traffico ed ora invece raggiunto da un banale svincolo della superstrada che trionfante cavalcava il letto del Piave.

Intanto il Piave mormorava sempre più debolmente in quanto le sue acque vitali erano rubate dagli impianti idroelettrici e incanalate in condotte forzate. Nei pressi di Rucorvo ad un chilometro da Macchietto, era ancora visibile sulla sponda opposta del fiume una casa in muratura e legno su due piani abbandonata, testimonianza di un insediamento basato sulle attività di taglio e trasporto del legname con le zattere, lungo il fiume, una economia un tempo molto diffusa.

Un cavo di acciaio restava ancora saldamente sospeso tra le due sponde, vestigia di una funivia. Ogni tanto le piene improvvise cambiavano il paesaggio della valle lungo il fiume. Una volta infine una piena spaventosa arrivò a lambire il piano stradale portandosi via tutto. La casa abbandonata, gli alberi che contornavano il fiume e il cavo sospeso non c'erano più. Gli abitanti e i parenti ci raccontavano le loro paure mentre le acque devastanti del fiume ruggivano con rumore cupo reclamando i loro diritti.

Si manifestavano i segni del dissesto idrogeologico ma io non ne ero ancora consapevole. A Longarone la tragedia del Vajont restava una ferita aperta.

Quando finalmente cominciai a lavorare, uno dei miei primi desideri ad essere esaudito fu naturalmente l'acquisto dell'auto con la quale, non tutti gli anni, riuscivo anch'io con la mia famiglia a raggiungere il Cadore per le vacanze estive snobbando il treno. Dalla mia generazione a quella di mia figlia la differenza fu che io insieme a mio fratello conobbi le montagne cadorine attraverso il treno, mentre mia figlia mediante l'auto.

Erano gli anni 80-90 e qualche volta da lì facevamo visita a Venezia, città che conobbi da bambino con i miei genitori. Il fatto però inusuale per un automobilista era che in questo caso ho sempre preferito andarci con il treno partendo da Calalzo. Quello che mi affascinava di questo percorso ferroviario fino alla stazione di Santa Lucia nel centro di Venezia era l'estrema varietà del paesaggio che scorreva dai finestrini, quel magico graduale passaggio dalle Alpi al mare e viceversa con ambienti e profumi così diversi.

Parallelemente all'aumento del traffico veicolare, della motorizzazione e costruzione di nuove strade, mi accorgevo che le ferrovie regionali venivano sempre più massacrate. Una delle illustri vittime del ferricidio iniziato dal boom economico degli anni 60 e della associata motorizzazione fu lo smantellamento della gloriosa, mitica e rimpianta ferrovia delle Dolomiti tra Calalzo e Cortina.

Cominciai quindi a focalizzare la mia attenzione sulle ferrovie fra tagli, soppressioni e nuove speranze. Compravo regolarmente i giornali locali per seguire i dibattiti politici sui progetti di investimenti ferroviari della regione Veneto. Mi interessavo soprattutto della ferrovia Belluno-Calalzo sospesa tra abbandono e miglioramento del servizio, come anche di altri progetti. Attualmente è in discussione il ripristino della ferrovia delle Dolomiti con un nuovo tracciato che forse passerà per Auronzo ma puntando sempre e comunque al reinserimento di Cortina nelle maglie della rete ferroviaria nazionale.

Le vicende romane e laziali tutti le conosciamo: ho naturalmente assistito alla soppressione dei Filobus, di diverse linee di tram tra le quali la Circolare Rossa, la linea 11 che percorreva da Portonaccio la via Tiburtina, le linee STEFER da Termini a Capannelle e Cinecittà, il progressivo smantellamento della Roma-Fiuggi con parte del materiale rotabile simile a quello della ferrovia delle dolomiti.

 

LA MATURAZIONE DELLE MIE MOTIVAZIONI E DELLE MIE SCELTE:

A partire dagli anni 90 cominciai a capire meglio il nesso tra auto e ferrovie: l'auto era il peggior nemico del treno, la sua antitesi. Da una parte vedevo la crescente insostenibile motorizzazione, lo sviluppo di strade e autostrade, la continua e martellante pubblicità dell'industria automobilistica mentre dall'altra parte nel campo ferroviario c'erano i rami secchi da tagliare con servizi ferroviari sempre meno efficienti, un trasporto pubblico sempre in difficoltà e insufficiente sia in ambito urbano che extra-urbano. Contemporaneamente mi rendevo conto di come la motorizzazione si trasferisse con estrema facilità al turismo. Io stesso ne ero testimonianza con la mia auto nelle vacanze estive in Cadore. Ulteriore conferma mi venne offerta anni dopo in occasione di una breve vacanza a Marilleva 1400, con mia moglie, mia figlia e il nipotino. Arrivammo con il treno fino a Trento, poi proseguimmo con la ferrovia a scartamento ridotto Trento-Marilleva (ora Trento-Mezzana), un gioiello ferroviario del Trentino. Era un residence che raggiungemmo con un taxi da Marilleva 900, ma lì, diversamente dal Renon e altre regioni della provincia di Bolzano, le escursioni programmate e il turismo stesso erano basate prevalentemente sull'auto privata. Rivelatrice fu poi un'altra scoperta: tra gli ospiti del residence c'era un'anziana coppia giunta lì con la propria auto la quale ignorava completamente l'esistenza della ferrovia Trento-Marilleva che al contrario per me costituiva già un oggetto turistico, probabilmente c'erano altri turisti-automobilisti nella stessa condizione.

Cominciavo quindi a chiedermi se anche da parte dell'offerta turistica si potesse fare qualcosa per invertire la tendenza alla continua motorizzazione e all'uso dell'auto che oltretutto è riconosciuta causa del deterioramento ambientale delle stesse risorse turistiche.

Maturava quindi in me l'idea del Turismo senza auto, cioè di un sistema incentivante del trasporto pubblico, magari sostenuto dalle regioni o dallo stato (ma in questo caso ho già verificato che è pura utopia), creando un circolo virtuoso mediante sconti offerti dalle strutture ricettive ai turisti senza auto.

A partire dal 2014 maturavo la convinzione di disfarmi dell'auto, cosa che realizzai  l'anno seguente.

I vantaggi economici uniti a quelli ambientali costituivano le motivazioni principali. Desideravo inoltre sperimentare su me stesso quanto l'auto potesse considerarsi una droga al pari del fumo dalla quale potersi liberare con la nostra volontà e responsabilità. Con la mia auto cominciavo a sentirmi complice del degrado e dell'invivibilità delle città negando e negandomi un'alternativa possibile. Stavo ribellandomi al dogma che senza auto non si può vivere, al diktat economico e culturalmente egemone dell'industria dell'auto il cui primo comandamento recita: "AVRAI LA TUA AUTO A RATE!" e a seguire: "Non avrai  altro trasporto al di fuori di essa".

Ecco comunque tutti i comandamenti della signora auto:

  • Sono la tua Signora Auto e non avrai altro trasporto al di fuori di me
  • Mi avrai a rate o a noleggio 
  • Mi amerai sacrificando parte del tuo tempo, del tuo stipendio o pensione e delle risorse del pianeta
  • Non ribellarti al mio dominio e non tradirmi
  • Onora le rate del finanziamento e dell'Assicurazione
  • Ricordati la domenica e nei festivi di uscire con me o di lavarmi
  • Abbi cura di me con controlli periodici e i tagliandi previsti
  • Puoi commettere atti impuri al mio interno
  • Non desiderare l'auto degli altri e non rubarla
  • Ricordati di pagare il bollo e le ecotasse

Ecco invece quello che il settore Automotive ci nasconde:

  • Sono insostenibile su scala planetaria a livello di massa
  • Sono causa di invivibilità urbana e di alterazioni climatiche
  • Posso salvare la vita ma statisticamente più spesso la tolgo
  • Nelle tue mani sono un potenziale strumento di morte: ricordati che per me ogni anno sulle strade del mondo perdono la vita 1.350.000 persone
  • Sono l'ottava causa di morte nel mondo
  • Incido pesantemente sul tuo budget familiare sottraendo risorse alla qualità della tua vita e a quella degli altri

Certamente le condizioni della mia vista colpita da una serie di problemi tra i quali il glaucoma possono aver influito sulla mia decisione di vivere senz'auto, ma resta il fatto che mi liberai dell'auto quando ancora possedevo la patente. Del resto se volessi ad ogni costo rinnovare la patente, guidare e possedere l'auto, credo che in una repubblica fondata sull'automobile non dovrei trovare eccessive difficoltà. Vi ricordate l'esame della vista per il conseguimento della patente nel cartoon di Bozzetto, il signor Rossi compra l'auto? Insomma anche se la mia vista non è acuta come quella di molti automobilisti paradossalmente vedo più lontano di loro e vedo quello che loro non vedono: l'insostenibilità dell'auto con le sue negative conseguenze sociali e ambientali. Attualmente la mia rivoluzionaria famiglia senz'auto è composta da me e mia moglie che non ha mai posseduto la patente. Tutti i nostri spostamenti urbani ed extraurbani avvengono esclusivamente con il trasporto pubblico, di conseguenza tutti i luoghi non raggiunti dal trasporto pubblico spariscono dalla mappa della nostra mobilità cioè è come se non esistessero e dal mio punto di vista non hanno alcun valore, ben che meno turistico. Abitiamo nella periferia orientale di Roma, ogni anno acquistiamo l'abbonamento metrebus annuale usufruendo del piccolo sconto familiare e della detraibilità fiscale. Sono soddisfatto della mia scelta e non nutro nessun rimpianto per l'auto, in effetti è stato un po' come smettere di fumare.

Modificato 9/5/19

Nota:

La parte finale sui problemi urbanistici delle città in riferimento al riscaldamento delle abitazioni e alle caldaie a gas è stata tagliata. Sarà oggetto di trattazioni a parte.

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9/5/19
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