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L'Autovirus

In piena pandemia quello che si dimostra più letale per il ciclista è l'autovirus! Credo che abbia un indice di letalità più elevato, ma il Comitato Tecnico Scientifico non se ne occupa, tanto meno l'Oms. Eppure il vaccino sarebbe alla portata di tutti perché non viene prodotto nelle case farmaceutiche, né richiede lunghe sperimentazioni, è semplicemente prodotto dal nostro cervello quando funziona.

Come ridurre le auto in città, o almeno come renderle meno pericolose in ambito urbano?

Ecco una semplice proposta in direzione di una transizione ecologica:

A parte le corsie preferenziali e gli asservimenti semaforici per il trasporto pubblico unitamente alle bike lane, ma ciò sarà possibile solo dove la larghezza della carreggiata potrà consentirlo, cosa fare in tutto il resto della città?

Si potrebbe agire sui limiti di velocità per rendere meno attrattiva l'auto.

Un buon compromesso mi sembra 20 km/h nel centro e 30 km/h nel resto della città. Le arterie di scorrimento veloce passando a 30 km/h (vedasi ad esempio Via di Tor Bella Monaca a Roma) produrrebbero minore inquinamento e anche minore rumore. Si potrebbe poi lasciare alla decisione dei cittadini dei vari municipi l'applicazione dei 20 km/h anche in alcuni quartieri o strade periferiche. Inoltre 20 km/h in prossimità di tutte le scuole. Difficile o impossibile, eh?

Prendiamo ad esempio sempre la Svizzera, un paese confinante che sembra saper reagire all'autovirus con capacità nettamente superiori alle nostre:

ZONE DI INCONTRO

In Svizzera, la zona di incontro è stata inclusa nella legislazione sul traffico stradale come nuovo regime di traffico nel 2002. Da allora, sono emerse centinaia di aree di incontro e garantiscono una migliore qualità della vita nei villaggi e nelle città. Le zone di incontro migliorano lo spazio pubblico e rendono la strada uno spazio di vita per tutti. 

SVIZZERA
SVIZZERA

Di seguito due diversi esempi di viabilità e di progettazione delle fermate dei mezzi pubblici: il primo nella foto, con restringimento della carreggiata, in Svizzera nei pressi di Lucerna, il secondo esempio, nel link, con una immagine GMaps di Roma sulla via Collatina. 

Fermate dei mezzi pubblici vicino Lucerna
Fermate dei mezzi pubblici vicino Lucerna

Come potete vedere nella soluzione svizzera (non sulla Luna) la carreggiata, oltretutto in zona 30km/h, è stata ridotta ad un solo senso di marcia alternato proprio per rallentare ulteriormente le auto, esattamente tutto il contrario della filosofia italica tesa a facilitarne la libera circolazione. Inoltre le banchine di fermata consentono una agevole salita e discesa di carrozzine e passeggini sui mezzi pubblici, facilitando anche la ripartenza dei bus, cosa che in Italia, a Roma, non è quasi mai possibile per le auto parcheggiate, in divieto di sosta ma tollerate, in prossimità delle fermate, se non addirittura nello spazio delimitato dalla fermata stessa. Insomma lì abbiamo i fatti mentre da noi sempre e solo le parole.

La questione della demotorizzazione resta centrale nel determinare gli spazi urbani dedicati ai pedoni, ai ciclisti, al trasporto pubblico. Marciapiedi più larghi, isole pedonali, fermate del trasporto pubblico più ampie e funzionali, corsie preferenziali, piste ciclabili, parcheggi condominiali, deturpanti distributori di carburanti fossili, vivibilità, tutto è correlato in un processo feedback ai livelli di motorizzazione, in un circolo che potrà essere virtuoso come distruttivo. Più auto vi sono, meno saranno gli spazi sociali.


Auto elettriche, guida autonoma, Adas, Isa,

nell'insieme concorrono

a limitare inquinamento e incidenti stradali,

ma hanno costi non sempre alla portata di tutti.

C'è invece una soluzione a costo zero,

accessibile a tutti ed è la più efficace:

NON POSSEDERE L'AUTO!

 

Oltretutto offrirebbe il vantaggio di massimizzare l'efficienza e l'attrattività sia del trasporto pubblico che della ciclabilità, integrando l'insieme dell'offerta di mobilità con un parco auto urbano pubblico e condiviso, opportunamente dimensionato.

Dov'è il problema?

In gran parte nel nostro cervello!

 

le auto elettriche a guida autonoma condivise in un parco auto pubblico, anziché di proprietà privata. fu una questione posta da Aurelio Peccei già nel lontano 1971 (vedere nei Documenti).

Del resto con "I limiti dello sviluppo" si era già compreso che la crescita della mobilità privata, al pari della crescita economica, non poteva essere infinita in un mondo finito.

Di conseguenza credo di poter affermare, pur nella mia ignoranza e privo di specifici titoli di studio, che il numero delle auto, in rapporto alla popolazione e agli spazi urbani, ma anche in rapporto ai territori extraurbani, possa essere ottimizzato e regolamentato solo dalla parte pubblica, la sola che possa avere la visione di una ottimale efficienza del trasporto pubblico unitamente alle stesse auto condivise e alla ciclabilità. Questo mi sembra l'unico modo per armonizzare l'insieme della mobilità con la qualità della vita e con parametri di sostenibilità.

 

Fino ad oggi abbiamo barattato il lavoro con la sicurezza, la salute e la sostenibilità.

Ora, nella ripartenza della fase 2, pensiamo di barattare la sicurezza con il futuro. Muoverci preferendo l'auto privata non è certamente nella direzione di un futuro sostenibile e lo sappiamo bene. Vuol dire che la nostra visione si è ulteriormente accorciata, ma le prossime pandemie e le emergenze climatico-ambientali ci presenteranno presto il conto della nostra cecità.

Ma ecco arrivare le ultime notizie:

Alla fine l'umanità si illuderà di salvarsi all'interno dell'auto, nel cui nido accogliente troverà le difese dai virus e dai cambiamenti climatici nelle torride estati con il condizionatore a palla. Baratterà il suo futuro con l'illusione della sicurezza e della salvezza. L'unica direzione verso la quale l'auto non sarà in grado di portarci è quella della sostenibilità e di un futuro migliore.

Ringrazio Pablo Carlo (Fb) per la preziosa collaborazione offerta sulla parte svizzera.

Robluf

Aggiornato 5/5/2020

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